lunedì 12 settembre 2016

Evoluzione del costume teatrale del Novecento. Pt.2. Fra realismo e avanguardia


La messinscena simbolista
Già a partire dall'ultimo decennio dell'Ottocento i criteri e le esigenze del naturalismo, anche per quanto riguarda il costume, vengono quindi nuovamente messi in discussione: la svolta simbolista, con le esperienze teatrali di Paul Fort e Aurélien Lugné Poe (Fort inaugura formalmente il teatro simbolista in Francia fondando nel 1890 a Parigi il Theatre d'Art, che diventerà, nel 1893 il Théâtre de l'Œuvre con Lugné Poe), si pone in questo senso in opposizione dichiarata alla concezione naturalistica dell'allestimento: il teatro, che in questo modo diviene luogo privilegiato per l'incarnazione dell'immaginazione, deve liberarsi dalle catene della verosimiglianza, è un luogo dove si esplicita materialmente e fisicamente la poesia e la potenza del testo simbolista.
L'impianto scenografico conclude la sua funzione di décor e verosimiglianza, e viene incoraggiata l'azione dei nuovi visionari pittori per la realizzazione della scena e dei costumi.
Le pochissime fonti che ci sono pervenute ci offrono comunque un'idea complessiva della messinscena simbolista: i fondali sono grandi tele dipinti di colori significativi, come l'oro o il verde, con elementi evocativi di un'ambientazione appena accennata: l'impianto scenico è una celebrazione quindi di quella “foresta di simboli” che Charles Baudelaire aveva illustrato nel poema Corrispondenze circa vent'anni prima.

Stanislavskij, Appia e Craig
All'interno di un così complesso clima di innovazione abbiamo anche un'esigenza di ritorno alla verosimiglianza: per conferire autenticità psicologica al personaggio la scena deve essere lo specchio di quella quotidianità che la linea naturalista aveva preconizzato con Antoine. Konstantin Stanislavskij, fondatore insieme a Dančenko del Teatro d'Arte di Mosca nel 1898 e ideatore del Metodo, espone la questione del costume in alcune pagine dell'Etica: per il regista è l'abito che nella rappresentazione acquista il valore e il significato del dramma e del personaggio, e si trasforma così nel “vestito della persona che doveva rappresentare”.
Il costume, così come altro oggetto o accessorio ci scena, si trasforma in reliquia, e l'attore deve interagire con esso conferendovi il significato del testo e la sua profondità psicologica. L'attenzione ai costumi, nell'idea complessiva dell'allestimento, è essenziale, poiché definisce la materializzazione fisica del personaggio sull'attore, ed è quindi uno strumento per far emergere la sua interiorità.
Adolphe Appia, scenografo svizzero profondamente influenzato dalla Gesamtkunstwerk (opera d'arte totale) wagneriana, auspica invece ad un abbandono dell'idea di impianto scenico bidimensionale in cui tutti gli elementi (luci, elementi scenografici, costumi, presenza dell'attore) siano perfettamente coordinati per creare il volume della scena, e devono perciò acquisire plasticità.
Sulla corporeità e sul simbolismo evocativo della messinscena insiste anche Edward Gordon Craig, ideatore del concetto di über-marionette (“supermarionetta”) e della pratica degli screens, (pannelli scolpiti dalla proiezione di fasci di luce di vario colore, dal valore fortemente simbolico) in cui a seconda della direzione, i corpi degli attori e la cromia dei loro costumi, dalla linea essenziale, si adattavano contribuire, di volta in volta, a questa reinvenzione plastica della scena.
Celebre l'allestimento di Amleto al Teatro d'Arte di Mosca nel 1911, per cui Craig rinuncia a qualsiasi connotazione storico-filologica della scenografia e soprattutto dei costumi: il protagonista indossa un franc nero, e contrasta con i colori violenti e le linee essenziali dei costumi degli altri personaggi, i quali si adattano cromaticamente agli altri elementi della scenografia.

Il corpo meccanico: la messinscena futurista e il costruttivismo di Mejerchol'd
Già agli inizi del Novecento la Russia diventa la roccaforte dell'avanguardia e di movimenti artistico-culturali che influenzeranno l'Europa dal primo decennio del XX secolo. La Rivoluzione russa non aveva solo condizionato le sorti della storia mondiale, ma aveva dato voce e spinta propulsiva a quei fermenti artistico-culturali fondati sulla modernità e sulla meccanizzazione, ovvero il movimento costruttivista, cubista e futurista.
L'allestimento scenico futurista aveva raccolto i criteri delle nuove forme di spettacolo come il teatro di varietà, basato sul veloce susseguissi di sketches, era stata profondamente influenzata dall'impatto estetico dei Balletti Russi di Djagilev e dalle esibizioni trascinanti della danzatrice Loïe Fuller, e si poneva come promotrice di un'arte fortemente tecnologica e provocatrice. L'idea tradizionale di teatro viene totalmente scardinata a favore di un'arte performativa energica e di un impianto scenico in continuo stato di mutamento, sintesi, movimento, plasticità e rivoluzione.
Nel 1916 Djagilev commissiona a Fortunato Depero le scene e i costumi per il balletto Le chant du rossignol, che non andrà sfortunatamente in scena. Depero progetta “dei costumi dalle forme cristalline, provvisti di una stilizzazione plastica ben più rigorosa, ai quali doveva corrispondere una scena costruita, irta di forme vegetali lussureggianti ma anch'esse come ridotte allo stato minerale.”
Vsevolod Mejerchol'd abbandona progressivamente la concezione di scena naturalista per sviluppare quelle teorie di nuova interpretazione attoriale che saranno alla base della biomeccanica.
Nella rappresentazione di Le Cocu Magnifique del 1922 l'artista Ljubov Popova progetta un impianto scenico che diventerà l'emblema della messinscena costruttivista: si tratta di un apparato composto da praticabili e impalcature in cui gli attori si muovono con un costume uguale per tutti, la tuta da lavoro blu dell'operaio, sulla quale vengono aggiunti dei particolari che contribuiscono al riconoscimento del singolo personaggio.

Manifesto per l'Ubu Roi di Alfred Jarry, rappresentato per la prima volta al Théâtre de l'Œuvre il 10 dicembre 1896


Messinscena di Amleto, Edward Gordon Craig, Teatro d'arte di Mosca, 1911

 Fortunato Depero, Bozzetto di costume plastico per Il canto dell'usignolo (1916-1917)
Le Cocu Magnifique, finale III atto


Germania: dall'espressionismo al Bauhaus
L'opposizione al realismo è evidente negli artisti espressionisti: Georg Fuchs (1868-1948) auspicava ad una rivoluzione dello spazio, in cui pubblico e attori non fossero divisi dalla quarta parete ma convergessero nella stessa zona spaziale come nelle sacre rappresentazioni.
Nella messinscena espressionista è l'allegoria che domina: per dar voce agli elementi dell'interiorità e dell'inconscio vengono concepite scene dalle prospettive oblique e irreali, in cui la forza di gravità non è presente, come nei sogni. L'illuminazione, sia negli oggetti che invade sia nelle cromie che assume, ha un carattere fortemente simbolico
Max Reinhardt raccoglie l'esortazione di Fuchs: il teatro deve nuovamente aprirsi alla comunità, nell'intento di ritrovare quella dimensione partecipativa che aveva caratterizzato il teatro greco antico. Il 15 dicembre 1916 Reinhardt allestisce il dramma La morte di Danton di Georg Büchner, con la scenografia e i costumi di Ernst Stern; la messinscena raccoglie tutti gli elementi caratteristici (luci, scene di massa) di una drammaturgia di impianto espressionista.
Oskar Schlemmer riprende invece il concetto di meccanizzazione del corpo tramite il costume, che era, come abbiamo visto, un'idea diffusa dagli artisti futuristi: la scuola del Bauhaus, fondata da Walter Gropius nella Germania di Weimar nel 1919, promuoveva un'arte (principalmente design e architettura) spinta verso la modernità, un'arte spiccatamente funzionale.
Ne Il balletto triadico, messo in scena a Stoccarda nel 1922, i ballerini, con movenze da pantomima clownesca e da marionetta, indossano costumi sezionati in varie forme geometriche (cubi, piramidi, dischi, spirali e sfere) tridimensionali e in colori accesi. Schlemmer incoraggia l'abbandono dei materiali tradizionali a favore dell'uso di materiali nuovi e di uso industriale, come il metallo, il gesso, i materiali plastici, la carta, al fine di creare nello spettatore una percezione diversa del concetto di materia, volume e spazio.

Il balletto triadicoOskar Schlemmer, 1922

Bozzetti di Oskar Schlemmer per i costumi de "Il balletto triadico" ("Das triadische Ballett", 1922) con annotazioni. Fonte:
Museum of Modern Art (MoMA): http://www.moma.org/



Bibliografia di riferimento

Angiolillo M., Storia del costume teatrale in Europa, Lucarini, Roma 1989

Barba E., Nicola Savarese, Scenografia e costume, in Id. L'arte segreta dell'attore. Un dizionario di antropologia teatrale, Argo, Lecce 1996

Bignami P., Storia del costume teatrale, Carocci, Roma 2005

Bignami P., Ossicini C., Il quadridimensionale instabile. Manuale per lo studio del costume teatrale, UTET università, Torino 2010

Guardenti R., Il costume teatrale: un lento cammino verso il realismo, inStoria del teatro moderno e contemporaneo, diretta da Roberto Alonge e Guido Davico Bonino, vol. I, pp. 1163-1193, Einaudi, Torino 2000.

Sinisi S.Cambi di scena. Teatro e arti visive nelle poetiche del Novecento, Bulzoni, Roma 1995



Claudia Fasano